Per inaugurare questa nuova Rubrica di Pillole ho deciso di condividere con voi una riflessione che mi sono ritrovata a fare tra me e me in questi giorni.

Amo leggere ogni cosa e ultimamente, anche in vista di un Progetto che sto preparando, ho ripreso in mano una raccolta di tutte le Fiabe di Hans Cristian Andersen. Molti di noi sono cresciuti accompagnati dai suoi indimenticabili personaggi: la Principessa sul pisello, il Soldatino di stagno, Pollicina, la Sirenetta, il vestino nuovo dell’Imperatore e potrei andare avanti ancora per un bel po’.

Se dovessi soffermarmi un attimo sulla memoria emotiva che queste favole mi fanno riaffiorare è molto positiva e piacevole. Il momento di lettura di una favola è sempre piacevole c’è condivisione, vicinanza e fantasia, come può non rimanerne un ricordo positivo?

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Quello che proprio non ricordavo, per esempio, è che non tutte le Fiabe effettivamente erano così positive o piacevoli nel loro evolversi. Nello specifico la fiaba che ha fatto nascere in me questa riflessione è stata Scarpette Rosse. Per quanto mi riguarda non ricordavo assolutamente il finale e dopo esserne rimasta decisamente colpita ho fatto un sondaggio tra alcune amiche ed ho notato che, come me, anche loro non lo ricordavano. Tutte avevamo piacevolmente in mente la storia della bambina e delle sue scarpette rosse che continuano a farle ballare i piedi anche contro la sua volontà. Il finale della storia ci è tornato alla memoria come un pugno nello stomaco: Scarpette rosse (Karin) disperata perché non riesce a trovare una via d’uscita si fa segare i piedi! Segare via, Amputare! Si metterà delle protesi di legno e camminerà con delle stampelle. Nella parte finale della storia, mentre è in chiesa, per la gioia le si spezza il cuore e muore.

Bene, la mia riflessione è questa: non voglio assolutamente entrare nello specifico del significato simbolico della storia, ma voglio riflettere sulla funzione delle Fiabe che, come ben sappiamo, è quella di dare al bambino la possibilità di esorcizzare le proprie emozioni. La Fiaba da al bambino la possibilità di vivere emozioni forti senza esserne il diretto protagonista e rimanendo quindi, in realtà, protetto e al sicuro.

Quindi la mia domanda è:

Se riteniamo importante per la loro crescita allenarli, attraverso le Fiabe, ad affrontare emozioni forti anche spiacevoli perché, invece, nella vita reale pensiamo di proteggerli evitando loro ogni situazione più o meno difficile?

Siamo proprio sicuri che evitare ai bambini i rifiuti, le frustrazioni o gli ostacoli da superare, sia la soluzione più funzionale ad un crescita serena? O, forse, più semplicemente posticipano situazioni inevitabili?

Voi cosa ne pensate?